OMELIA nella festa del BATTESIMO del Signore con il ricordo della Beata mamma Rosa patrona dei catechisti Marola, 7 gennaio 2024

OMELIA nella festa del BATTESIMO del Signore con il ricordo della

Beata mamma Rosa patrona dei catechisti

Marola, 7 gennaio 2024

Letture: Is 55,1-11; Sal da Is 12; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11

Con la festa del Battesimo di Gesù si conclude il tempo natalizio. Il battesimo, infatti, dà inizio a quella che viene chiamata vita pubblica di Gesù della durata di circa tre anni. Se ci pensiamo bene nei vangeli si narra ben poco dei primi trent’anni di vita di Gesù. Al di là degli eventi relativi al concepimento e alla nascita che ci sono stati tramandati da due evangelisti su quattro – Matteo e Luca – della maggior parte di questo tempo non si dice nulla.

È il tempo di Nazaret. Un tempo ordinario di vita che il Figlio di Dio ha voluto condividere nell’assoluta normalità dell’esistenza degli uomini. Viene chiamata anche la vita nascosta di Nazaret. È un tempo poco considerato anche dalla spiritualità cristiana. Chi l’ha sottolineato è stato Charles de Foucauld che ha voluto trascorrere del tempo proprio a Nazaret per imparare il nascondimento dei trent’anni di vita di Gesù. E ne ha fatto il tratto più rilevante della sua spiritualità quando andò in Algeria a Tamanrasset per riproporre nella sua vita l’esperienza di Gesù. Cosa faceva? Pregava, lui unico cristiano in un ambiente musulmano e andava incontro ai poveri. Dopo la sua morte sono nate diverse famiglie religiose – piccoli fratelli e piccole sorelle – ispirate dalla sua spiritualità: vivono procurandosi il cibo con il lavoro soprattutto nelle zone più povere del mondo e condividono la vita con il prossimo animate dalla preghiera.

Possiamo dire che la “vita nascosta di Nazaret” è il tratto più caratteristico della maggior parte dei cristiani. Sono nella vita secolare, vivendo in famiglia o costruendo una famiglia, lavorando. Ma spesso ciò che manca è la consapevolezza che questo modo di vivere è stato abitato dal Figlio di Dio e perciò è un tempo santo. Un tempo umano ordinario che non è insignificante per Dio. Ce lo ha detto proprio inviando suo Figlio Gesù che ha vissuto per trent’anni una condizione di normalità.

Questa dimensione della vita nascosta a Nazaret ha caratterizzato l’esistenza di mamma Rosa. Cresciuta in una famiglia cristiana la sua è stata definita una “santità feriale”. Feriale fino alla giovinezza e feriale anche dopo quando si dedicò a costruire una famiglia. Una santità feriale fatta di lavoro quotidiano, di vita ordinaria in famiglia, di preghiera, di grande attenzione al prossimo.

Celebrando il battesimo di Gesù, possiamo sottolineare un ulteriore aspetto. Infatti Gesù non inizia il suo ministero pubblico fatto di predicazione, miracoli, formazione del primo gruppo di discepoli, scendendo subito per le strade della Palestina. Oggi ci viene ricordato che inizia il suo ministero mettendosi in fila con tutti i peccatori che chiedevano il battesimo nel Giordano e ritirandosi nel deserto in preghiera per affrontare le tentazioni del Maligno.

Che cosa è stata questa esperienza? Penso che la possiamo interpretare come il tempo del discernimento. Del valutare ciò che corrisponde alla parola di Dio che è efficace perché produce l’effetto per cui è stata mandata (cf Isaia) da ciò che allontana dall’amore di Dio. E come ci ha insegnato San Giovanni, l’amore di Dio consiste nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Infatti dopo aver ricevuto il battesimo, nel deserto Gesù risponde al Tentatore aggrappandosi alla Parola di Dio con fiducia.

Nella vita di mamma Rosa si può ritrovare un momento molto delicato che fu decisivo per la sua vita. Dovette anche lei fare un serio discernimento per comprendere quale scelta di vita operare. Una scelta importante che segnerà tutta la sua vita matrimoniale. Deve fare una scelta quando le viene proposto il matrimonio da Carlo rimasto vedovo a 23 anni con due bambine piccolissime; una famiglia economicamente disastrata nella quale c’è anche un suocero ammalato da seguire e un cognato minorenne cui badare. Eurosia, che era rimasta colpita dalla morte di quella giovane mamma, si prese cura delle sue bambine con grande generosità. Perciò, di fronte alla proposta di Carlo Barban, compie un serio discernimento confrontandosi con il confessore in coscienza davanti a Dio e dialogando in famiglia.

Alla fine Rosina decide animata dall’amore che in Dio è carità. Non sposa Carlo per pietà, lo sposa convinta nell’amore di Dio. Ed è con lui che fa crescere la famiglia donando altri sette figli. E la sua santità così ordinaria ha contagiato marito e figli. Anche di fronte alle difficoltà economiche non si è tirata indietro. Ha contribuito con il lavoro quotidiano animato dalla fiducia nella Provvidenza di Dio.

Mamma Rosa è stata dichiarata patrona dei catechisti, per il suo impegno nella trasmissione della fede anche facendo la catechista. Alla sua intercessione affidiamo tutti i catechisti e le catechiste della Diocesi in un anno speciale. Celebriamo quest’anno il centenario dell’Ufficio catechistico diocesano. Affidiamo tutti i catechisti e le catechiste che insieme alle famiglie accompagnano i fanciulli e i ragazzi all’incontro con Gesù. Se al tempo di mamma Rosa non era facile trovare tempo per dedicarsi al servizio parrocchiale, oggi la sfida è trovare le parole e i gesti adeguati per trasmettere alle nuove generazioni la bellezza e la gioia del Vangelo. Lei che ha fatto fiorire nella vita quotidiana la grazia del battesimo, aiuti anche noi ad essere discepoli di Gesù rinnovando le comunità cristiane perché siano davvero a servizio del mondo.

† vescovo Giuliano