OMELIA nella Festa della Presentazione del Signore 28a Giornata della Vita Consacrata Vicenza – Santuario di Monte Berico, 2 febbraio 2024

OMELIA nella Festa della Presentazione del Signore

28a Giornata della Vita Consacrata

Vicenza – Santuario di Monte Berico, 2 febbraio 2024

Letture: Eb 2,14-18; Sal 23; Lc 2,22-40

Con tutto il popolo di Dio celebriamo la festa della vera Luce quella che illumina ogni uomo. Presentando Gesù al tempio, Maria e Giuseppe offrono una coppia di tortore.

San Cirillo d’Alessandria si pone una domanda: Ma che cosa offrì come primogenito uomo? Un paio di tortore, due piccole colombe, secondo la prescrizione della legge (Lv 12,3-6). Ma d’altra parte, ciò che voglia significare la tortora per sé, che cosa altro voglia indicare la colomba, lo contempleremo [in futuro]. Ma si affretta a spiegare: Esse tra i volatili della campagna sono molto garrule [chiassose], sono miti e tranquille. Così, d’altra parte, si mostra il Signore, Salvatore di tutti, verso di noi, con una dolcezza infinita, e a guisa delle colombe, che addolciscono la terra, e con la soavità della parola, riempiendo la vite, cioè, noi che crediamo in Lui. Perché, si trova scritto nel Cantico dei Cantici: “si è udita sulla nostra terra la voce della tortora” (Ct 2,12).

E come tutti noi sappiamo l’immagine della colomba nel Cantico dei cantici richiama quella della sposa cercata in tutti i modi dallo sposo che desidera riversare su di lei in un dialogo di amore infinito tutto il suo amore. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l’inverno è passato […]. O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, […]. mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole (Ct 2,10-14). Queste parole le sentiamo vibrare soprattutto insieme a tutte le donne che hanno accolto la Sua chiamata, ma è l’amato che parla al cuore della sua amata. È Dio che parla al cuore dell’umanità per farle sentire quanto può contare sul suo Amore fedele e pieno di misericordia.

L’inverno è forse passato? Chiamiamo inverno nel modo di parlare più diffuso quello demografico! E forse utilizziamo la stessa stagione come immagine per dire della riduzione numerica di uomini e donne che si consacrano al Signore. Ma di quale inverno parla l’autore ispirato nel Cantico dei Cantici?

Di quell’inverno che non è fatto di numeri bensì di oscurità e di assenza dell’amore vero. L’inverno che forse ha conosciuto Simeone prima di tenere tra le braccia il bambino Gesù e finalmente aprire gli occhi dell’anima sulla vera luce che porta gioia e calore.

Incontrando Gesù, l’anziano Simeone e la vedova Anna 84enne non si sono sentiti più smarriti e soli. Portavano nel cuore il desiderio di vedere quel giorno nel quale vivere intensamente l’incontro con il Salvatore del mondo.

Possiamo chiederci anche noi: portiamo anche noi ogni giorno il desiderio di incontrare il Salvatore? Lo portiamo dentro di noi?

Carissime consacrate e consacrati, voi siete parte viva alla Chiesa che è in cammino e voi tenete accesa la fiaccola della Speranza in un mondo assetato di gioia, di giustizia, di pace. Voi, carissimi consacrati, tenete accesa la Speranza convinti che la Luce splende nel mondo e le tenebre non sono in grado di soffocarla (Gv 1,5).

Nel segno della lampada in cammino, che verrà consegnata alla fine della celebrazione, per raggiungere tutte le comunità religiose presenti nella diocesi di Vicenza noi riconosciamo il cammino di comunione che il Signore va costruendo in mezzo a noi.

Lo sta facendo ispirando scelte profetiche di esperienze inter-congregazionali. Ci sembra di riconoscerlo anche nei passi che le consacrate e i consacrati più giovani stanno percorrendo insieme per un cammino di condivisione dei carismi a servizio della missione pastorale qui e in tante parti del mondo.

“Pellegrini di Speranza sulla via della Pace”: questo può diventare un programma di comunità verso il Giubileo dell’anno prossimo diffondendo la sinfonia della preghiera.

Permettetemi di richiamare due aspetti della preghiera. Il primo lo ha ricordato papa Francesco nel 2018 agli IVC e SVA: la preghiera è tornare sempre alla prima chiamata. Quando Gesù ci ha rivolto il suo sguardo e ci ha chiesto: lascia tutto e segui me. Lascia la famiglia, lascia la tua professione, lascia gli amici, lascia la carriera… Quell’incontro con Dio è stato decisivo e noi non possiamo prenderci il lusso di metterlo da parte come una cosa passata. Adesso che sono consacrato/consacrata ho altre cose di cui occuparmi, ho tanti impegni e si mette da parte la preghiera che invece di permette di tornare allo stupore e alla gioia dell’incontro iniziale. Simeone e Anna ci ricordano che la loro fedele frequentazione al tempio era tutta orientata a vivere quell’incontro e possiamo immaginare che l’abbiano custodito in tutti i giorni finché hanno avuto la possibilità di vivere. Ricordava papa Francesco: Saremmo forse buone persone, cristiani, cattolici che lavorano in tante opere della Chiesa, ma la consacrazione tu devi rinnovarla continuamente lì, nella preghiera, in un incontro con il Signore. “Ma sono indaffarato, sono indaffarata, ho tante cose da fare…”. Più importante è questo. Vai a pregare. E poi c’è quella preghiera che ci mantiene durante la giornata alla presenza del Signore (4 maggio 2018). E citava come esempio la preghiera di madre Teresa di Calcutta.

C’è anche un altro aspetto: la preghiera accettando il combattimento spirituale. Una dimensione ricordata da San Giovanni Paolo II in Vita consecrata (38). È nella preghiera del deserto che Gesù ha affrontato le tentazioni diaboliche che poi si sono ri-presentate nell’Orto degli ulivi. Nessuno è esente dal dover affrontare questo combattimento. E lo può fare con i mezzi anche di carattere ascetico che la tradizione spirituale della Chiesa e quella del proprio istituto mette a disposizione. Il combattimento ci spiega che siamo in cammino verso la santità e mai possiamo dichiararci arrivati. Inoltre ci ricorda che è grazie allo Spirito Santo che noi veniamo condotti a superare le prove ponendo la nostra fiducia unicamente nella forza della Parola di Dio che ci è consegnata. Nella preghiera troviamo forza e luce per compiere passi nuovi di conversione personale e passi nuovi di riforma delle nostre strutture comunitarie. La preghiera ci apre a Dio, ai fratelli e alle sorelle contro la tentazione di chiuderci e isolarci come singoli e come comunità. La preghiera ci rende umili confessando le nostre infedeltà in questo combattimento. La preghiera faticosa nei tempi di aridità accresce la fiducia. Il grande anacoreta Antonio abate, dopo che ebbe superato la prova, chiese una volta a Dio “Dove eri, o Signore, in quei giorni?”. E gli fu risposto: “Più vicino a te che mai a te”. Commenta Romano Guardini: Vi sono tempi in cui dobbiamo vivere completamente di fede e di fedeltà. In esse matura ciò che sarà poi di ciascuno di noi (Introduzione alla preghiera, Brescia 1879, p. 205).

Nel 2020 papa Francesco ha disposto che nelle litanie lauretane dopo l’invocazione Mater divinae gratiae sia inserita una nuova litania: Mater spei – Madre di speranza. Nel tempo presente, attraversato da motivi di incertezza e di smarrimento, il devoto ricorso a lei, colmo di affetto e di fiducia, è particolarmente sentito dal popolo di Dio – ha ricordato Papa Francesco. Anche noi, oggi, qui a monte Berico ci affidiamo a Lei donna, stella e madre della speranza. Lei che con il suo “sì” aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo, ravvivi anche in noi la fiamma dell’amore per “incendiare” con la carità divina il mondo intero.

† vescovo Giuliano