OMELIA NELLA S. MESSA DI NATALE Cattedrale di Vicenza, 25 dicembre 2023

OMELIA NELLA S. MESSA DI NATALE

Cattedrale di Vicenza, 25 dicembre 2023

Is 52,7-10; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18

Rallegriamoci

«Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità» (San Leone Magno). Con queste parole San Leone Magno, un papa del V secolo, esortava a celebrare il Natale. Prorompete in canti di gioia… perché il Signore ha consolato il suo popolo, è l’invito del profeta Isaia. Cantate al Signore un canto nuovo perché ha compiuto meraviglie, abbiamo risposto con il salmo 97. Dio ultimamente ci ha parlato per mezzo di suoi Figlio, irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente – aggiunge l’autore della Lettera agli Ebrei. E ancora, il Vangelo di Giovanni ci ha inoltrato lo sguardo dentro il mistero, il Verbo si fece carne e venne a piantare la sua tenda in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Dunque non c’è spazio per la tristezza in questo giorno?

Un presepe a Betlemme

A Betlemme presso il Centro Effetà Paolo VI, le nostre suore dorotee hanno fatto anche loro un presepio per celebrare il Natale. Ma la scena del Natale è circondata da pezzi rotti di blocchi di cemento. Sono stati raccolti dalle case palestinesi abbattute. Quelle delle famiglie che vivevano accanto al Centro, ora disperse e divise dall’attacco brutale di Hamas dello scorso ottobre. Quel presepio, rappresentazione di una realtà tanto concreta quanto contrastante sembra smentire le parole del Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, laddove indicava nell’immagine della luce l’incarnazione del Figlio di Dio: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Che cosa ci sta sfuggendo? Che cosa è andato storto. A noi sembra che le tenebre continuino a prevalere in tante, troppe, situazioni del mondo. Non solo in Palestina, anche in Ucraina, in Sudan, in Siria e in molti altri paesi. Cresce sempre di più il numero degli sfollati e dei profughi (sono state stimate in 114 milioni le persone sfollate a fine settembre di quest’anno).

Come può dirci l’evangelista che la Luce che Dio è venuto a portare nel mondo ha vinto le tenebre presenti in questo nostro mondo?

Dio vuole prendere posto nell’uomo

A Natale tutto ci parla del contrario di ciò che in qualche modo ci aspetteremo. Dio viene nel mondo? Non sarebbe dovuto venire in modo da essere subito riconosciuto come Dio? Nasce in condizioni così modeste e umili!

Come si fa a comprendere che è proprio il Figlio di Dio e non un bambino qualunque? Non c’è alcun segno esterno che dica la sua divinità.

Se ci pensiamo bene, noi ci aspetteremo che Dio si rendesse presente in modo differente perché in noi riposa il desiderio di essere dio, di sostituirci a Dio. Noi che, dalla superbia di Adamo, vorremmo prendere il posto di Dio.

È questo che ci sconcerta. Noi vorremmo prendere il posto di Dio, invece accade il contrario: Lui stesso vuole prendere il nostro posto. Dio, nella sua umiltà, discende al nostro posto, senza alcun segno distintivo se non per manifestare questa volontà divina: prendere posto nell’umanità.

Alcuni filosofi moderni giustificavano la relazione dell’uomo con Dio nel senso che Dio è una proiezione dell’uomo (Feuerbach, Marx, Freud…); secondo loro Dio è proiezione del desiderio del cielo da parte degli uomini. Ma quello che ci viene annunciato oggi è all’opposto: l’uomo è proiezione di Dio. La fede ispirata dal mistero del Natale ci attesta che l’uomo è frutto di un desiderio di Dio e del suo amore.

Dichiarando il Verbo si è fatto carne, il vangelo di Giovanni non vuole dirci nient’altro che questo: la nostra umanità costituisce la forma più alta del Verbo di Dio, della sua espressione di sé. E aggiunge un teologo: «Non soltanto l’umanità di Cristo, ma l’umanità di ciascuno di noi è ciò con cui si esprime Dio» (Tomáš Halík, Si destano gli angeli, Milano 2023, 73).

Il desiderio di “essere Dio”

Lo cantiamo in questi giorni: Dio si è fatto come noi, per farci come lui. I padri nell’antichità insegnavano che Dio si è fatto uomo perché l’uomo si faccia Dio. Non certo nel senso del vecchio Adamo che ha preteso di sostituirsi a Dio combinando tanti guai fino ai nostri giorni; non l’uomo che con la superbia pretende di governare tutto calpestando vite altrui.

Il nostro desiderio di “essere Dio” lo realizza Dio stesso nel mistero che celebriamo oggi. Lo realizza Lui venendo nel mondo e con la sua divinità ci permette di riconoscere sacra ogni vita umana. Ed è Lui che ci indica la via dell’umiltà, del servizio, della solidarietà, del dono di sé: sono queste le autostrade che permettono alla nostra umanità si sfrecciare verso l’eternità.

Ma fermiamoci qui per ora. E davvero possiamo gioire e rallegrarci. Possiamo gioire anche davanti al presepe circondato dai frammenti di mattoni delle case distrutte dalla guerra. Possiamo gioire perché «Ogni uomo in quanto uomo – sì anche un pagano, un ateo o il peggior peccatore – in un certo modo con la propria umanità, tocca il mistero dell’Incarnazione, vi prende parte. Prende parte alla natura divina» (ibid., 74).

Accogliendo il Figlio di Dio nel Natale, la nostra vita si apre alla speranza di un mondo più umano, un mondo nel quale è possibile la riconciliazione e la pace.

 

† vescovo Giuliano