MESSA NELLA FESTA DELLA CATTEDRA DI SAN PIETRO
con preghiera di suffragio per il SERVO DI DIO DON LUIGI GIUSSANI
Vicenza – Santuario di Scaldaferro, 22 febbraio 2024
Letture: 1Pt 5,1-4; Sal 22; Mt 16,13-19
Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. È il Padre che ha manifestato nel cuore e nella mente dell’apostolo che Gesù è il Cristo il Figlio del Dio vivente. Dio è vivente. Lo poteva sperimentare Pietro nella relazione personale con Gesù. E ancor più lo possiamo sperimentare noi che siamo qui grazie al Signore risorto che intercede per noi e con il suo Spirito attira a sé il pane e il vino per donarci in cibo il Suo Corpo e il Suo Sangue.
Tutto ciò che noi siamo proviene dalla Paternità di Dio che ha creato il mondo e ci tiene in vita mediante il respiro che dal primo Adamo giunge a noi. E ci dona la possibilità di rimanere in vita attraversando con Lui l’esperienza della morte e partecipare definitivamente della vita nuova nella risurrezione.
Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. A colui che si è lasciato toccare il cuore dal Padre e ne ha accolto la rivelazione, Gesù affida il compito di essere con Gesù la pietra scartata dai costruttori divenuta la pietra d’angolo. Pietro riceve il compito di esercitare la paternità nella Chiesa presiedendo nella carità.
Vanno sottolineate tre cose. La prima è che Simon Pietro si fida di Gesù. Ha fiducia in Lui e questa fiducia gli permette di accogliere la rivelazione del Padre nel riconoscere Gesù il Figlio di Dio vivente. Se avesse cominciato a fare dei ragionamenti per comprendere se davvero quello era il Cristo o non si dovesse attenderne un altro… se… se… non avrebbe accolto quella rivelazione. Fidandosi di Gesù come nel giorno della chiamata lungo il lago di Tiberiade, ha iniziato una conoscenza di Gesù sempre più approfondita fatta di amicizia e di amore. Che non significa una amicizia perfetta.
La seconda cosa, infatti, riguarda la fragilità di Pietro. Accogliendo la rivelazione del Padre non significa che abbia capito tutto di Gesù. E lo si comprende dal seguito del brano ascoltato oggi. Quando Gesù manifesterà come il Padre ha pensato alla regalità del Figlio, cioè attraverso la passione – morte e risurrezione, Pietro reagisce con la sua presunzione e Gesù lo rimprovererà aspramente: “vai dietro a me Satana. Tu mi sei di scandalo”. Questo ci fa comprendere come la fede di Pietro viene educata da Gesù, passo dopo passo, senza arrestarsi di fronte alle fragilità di Pietro, neppure di fronte al tradimento.
La terza cosa che va annotata è il cambio del nome. Da Simone Gesù lo costituisce Pietro. Per Pietro la relazione con Gesù tocca la sua identità più profonda. E la sua identità è denominata dalla missione di essere pietra sulla quale si edifica la Chiesa. Tu sei Pietro. «Sì, Pietro accolse queste parole come in un sogno; ma era come se ognuna di queste parole si incidesse, si scolpisse in lui, per sempre. La sua povertà, la sua miseria, erano come pietra liscia che si incideva con queste parole per la sola potenza che veniva da Gesù. Non capiva nulla di tali parole, ma sapeva che ormai erano scolpite in lui, e che tutta la sua vita, tutta la sua persona, non avrebbe più avuto forma che queste parole. Seguì un silenzio. Gesù continuava a fissare Pietro, e gli altri discepoli con lui. Simone abbassò gli occhi, come un bambino timido. Non si era mai sentito così piccolo, così ultimo. Quando li rialzò, Gesù aveva già ripreso a camminare, e Pietro si sentì felice di seguirlo» (M.G. Lepori, Simone chiamato Pietro, pp. 46-47).
Questo cammino di Gesù con Pietro è stato interiorizzato da don Luigi Giussani. Si può dire che don Luigi, nel suo ministero presbiterale ha manifestato la paternità di Dio e la pedagogia di Gesù facendone il programma educativo. Una biografia di Fernando de Haro (Perché sono un uomo. Scene dalla vita di don Giussani, Milano 2023), giornalista madrileno, ha messo in luce tre aspetti della sapiente educazione verso le nuove generazioni di Giussani (cf C. Esposito, La miccia della fede, in L’Osservatore Romano, 29 dicembre 2023).
Innanzitutto il bisogno umano. La partenza non può essere altrove. Il bisogno umano che sta sotto ai tanti bisogni quotidiani è quello di essere felici. Da qui l’intuizione che la vita può essere spesa per lo “struggimento di fronte all’infelicità terrena e all’infelicità terrena dei fratelli uomini”; questo è il segno profondo della presenza di Cristo che ridesta l’io, e del fatto che questo io ha bisogno di Cristo per essere sé stesso.
In secondo luogo la libertà. Don Giussani ha puntato tutto sulla “pura libertà” dei giovani. Nella consapevolezza che i giovani a partire dalla libertà sono in grado di realizzare atti umani che corrispondono al proprio cuore che è orientato all’infinito.
In terzo luogo la capacità critica di affrontare le situazioni della vita alla luce dell’esperienza cristiana per il “ridestarsi della persona”. Fino al punto di affermare che “la circostanza di una società scristianizzata è l’occasione per proporre una maggiore vicinanza a Cristo” (p. 153).
Affidiamo a Maria, venerata in questo Santuario con il titolo di “Consolatrice degli afflitti” il cammino di Comunione e Liberazione. Con la sua materna intercessione susciti appassionati educatori dei giovani, testimoni credibili capaci ancora oggi di affascinare con la gioia del Vangelo.
† vescovo Giuliano