Cosa vuol dire per te “sentirsi a casa”?

I giovani chiamati a vegliare in cattedrale

Il tema “creare casa” della preghiera Giovani chiamati a vegliare è risuonato spesso nelle scorse settimane e i giovani si sono resi partecipi fin dalle provocazioni sui social. Cosa vuol dire per te “sentirsi a casa”? E ancora: ti sei sempre sentito a casa nella Chiesa?

Queste ed altre domande hanno accompagnato la preparazione verso l’appuntamento del 4 maggio in cattedrale, permettendo in modo anonimo a tutti di esprimersi. E i più giovani non si sono fatti attendere: autenticità, amare, pienezza, libertà, verità, porto sicuro, protezione… Queste sono solo alcune delle risposte arrivate al profilo Instagram di Ora decima, la casa vocazionale diocesana.

Parole simili sono risuonate in particolare durante lo scambio di gruppi ma anche negli altri momenti della preghiera in cattedrale che ha visto protagonisti giovani della diocesi che stanno frequentando diversi cammini: fidanzati in cammino verso il matrimonio, partenti scout AGESCI, nuovi animatori/educatori di Azione Cattolica, giovani della Professione di fede pubblica di Azione Cattolica, giovani del percorso vocazionale SICHEM, giovani della tappa della Traditio del Cammino Neocatecumenale, giovani di Missio giovani Vicenza, molti di questi ultimi in partenza per un’esperienza missionaria e per questo hanno ricevuto dal vescovo Giuliano la croce missionaria.

Giovani protagonisti, dunque, ma non solo giovani. In cattedrale erano presenti rappresentanti di tutte le fasce di età e stati di vita, permettendo di creare davvero casa: proprio come in una famiglia ci si prende cura dei più giovani e/o dei più fragili, così la cattedrale aveva i volti di una vera comunità, pronta a prendersi cura di questi fratelli e sorelle coinvolti in cammini particolari di fede.

La testimonianza di una giovane coppia di sposi, Petra ed Alberto, ha posto anche una questione fisica rispetto al tema “creare casa”. Subito hanno condiviso la convinzione che il cammino di coppia è un “affidamento orizzontale”, cioè reciproco, ma anche “verticale”, cioè che coinvolge anche Dio in tutto. Questi giovani genitori hanno quindi raccontato come l’arrivo del figlio Giorgio abbia fatto loro comprendere che alla base di questo processo di cambiamento ci sia il fare spazio in una pluralità di dimensioni: fisica, per trovare lo spazio in casa per chi sta arrivando, temporale, per non venir meno agli impegni pastorali che provano a mantenere, dentro di sé, cosa non scontata per accogliere veramente il figlio che sta per nascere. “E’ un processo di decentramento”, hanno concluso.

Nell’omelia il vescovo Giuliano ha ripreso i tre verbi consegnati durante la veglia: costruire, abitare (la casa) e viaggiare. “L’uomo costruisce, e in un certo modo, continua l’opera di Dio che ha creato”, ha detto mons. Brugnotto. “Si dice anche che sono “creazioni dell’uomo” tante opere. Sotto di noi ci sono i resti di alcune case dell’epoca romana: edifici costruiti per viverci. Sopra è stata edificata questa chiesa così grande arricchita di tante “opere d’arte”, espressioni della creatività umana. Ma il costruire quale scopo ha? Perché costruiamo una casa? La risposta è piuttosto semplice: per abitare“, ha continuato il Vescovo.

“Noi generalmente separiamo il costruire dall’abitare. In realtà ogni volta che noi costruiamo qualche cosa – di materiale e pur di pensiero – noi già vi abitiamo, perché quella cosa la sentiamo nostra, ci appartiene e in un certo senso ci riconosciamo. Il testo ispirato della Genesi ci sollecita a tenere unite le due realtà, il costruire e l’abitare. Infatti il costruire come abitare si dispiega nel costruire che coltiva, che fa crescere, che evolve. Perciò si potrebbe concludere che abitare non è automatico, occorre saper abitare, imparare ad abitare, a dimorare da qualche partePotremmo chiederci: come sto costruendo la mia vita? Dove abito? Posso dire di avere una “casa” nella quale realmente mi ritrovo?”, ha sottolineato quindi il vescovo Giuliano. Passando alla dimensione più relazionale, in famiglia, tra amici e nella Chiesa, il Vescovo ha posto una domanda che è risuonata quasi come un appello a tutti: nella Chiesa c’è ancora posto per i giovani?

Nei giorni scorsi mons. Brugnotto aveva già dichiarato che “giovani sono una minoranza nella nostra società italiana, che è sempre più anziana”. Durante l’omelia ha richiamato alcune parole emerse e anche le scelte che qualcuno dei giovani presenti sta per compiere, come nel caso di Nicolò Luisetto, seminarista della diocesi di Vicenza, che durane la veglia del 4 maggio è stato ammesso tra i candidati agli ordini sacri.

Il Vescovo ha invitato calorosamente i giovani a far proprio un atteggiamento dei discepoli di Emmaus: dare ascolto alle proprie inquietudini, parlandone, confrontandosi, senza timore. “Occorre sedersi a quella tavola fatta di relazioni nelle quali non si ha paura di consegnare anche le nostre inquietudini”, ha detto il Vescovo.

Non a caso, per l’occasione la Cattedrale è stata resa ancor più casa con un tavolo in presbiterio preparato come per una cena importante, proprio come avvenne ad Emmaus, uno dei brani biblici che ha accompagnato la veglia.

Naike Monique Borgo