OMELIA NEL GIORNO DI PASQUA Cattedrale di Vicenza 31 marzo 2024

OMELIA NEL GIORNO DI PASQUA

Cattedrale di Vicenza, 31 marzo 2024

 

Letture: At 10,34a.37-43; Sal 117; Col 3,1-4; Mc 16,1-8

Carissimi fratelli e sorelle, celebriamo la Pasqua accompagnate dalle donne che vanno al sepolcro ai primi bagliori dell’alba. L’evangelista conclude dicendo che Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite. Il Vangelo di Marco non sembra essere un racconto a lieto fine. Le donne che il mattino di pasqua si recano al sepolcro di Gesù sono donne addolorate per la morte del Maestro. Vanno al cimitero dove Gesù era stato sepolto per continuare quella relazione che era cresciuta in loro con Lui. Vanno per ungere il corpo morto di Gesù. Sono preoccupate di chi avrebbe rotolato il masso a chiusura del sepolcro ma con sorpresa lo trovano già spostato.

Entrano nella tomba scavata nella roccia e prendono uno spavento perché all’interno c’è un giovane in vesti bianche, vivo, che rivolge loro la parola. Non è Gesù risorto eppure in quella tomba devono fare i conti con una persona viva. Pensano di trovare un morto e invece s’incontrano con un giovane che le invita a non avere paura. Lui sa che stanno cercando Gesù Nazareno, il crocifisso. Ebbene non è più nella tomba di morte perché è risorto.

Gesù aveva annunciato, con tanta discrezione – nel vangelo di Marco – e invitando al silenzio, la sua morte e la sua risurrezione. Se della morte quelle donne potevano avere una idea, per la scomparsa di persone care come avviene dall’inizio dei tempi, che avevano sepolto come facevano gli ebrei del tempo – e sicuramente avevano accompagnato Gesù fino alla sua crocifissione e sepoltura – ma della risurrezione non avevano alcuna esperienza. Avevano esperienza della morte, ma della risurrezione non avevano esperienza. Sì avevano sentito parlare, un po’ di nascosto perché Gesù aveva imposto il silenzio, da uno dei tre discepoli ammessi in casa del capo della sinagoga, quando Gesù prese per mano la figlioletta dodicenne morta dicendo Talità kum che significa: “Fanciulla, io ti dico: alzati”. Parole impresse nella mente e nel cuore tanto che l’evangelista Marco le ha volute conservare in aramaico, la lingua di Gesù.

Le donne avevano sentito parlare di questi fatti straordinari ma dell’esperienza della risurrezione non sapevano e non capivano nulla. Era un’esperienza totalmente nuova per loro. Un evento inaspettato e sconvolgente. L’evangelista Marco vuole sottolineare proprio questo: la risurrezione di Gesù è una realtà che supera tutte le nostre prospettive umane, ma come ha raggiunto quelle donne può raggiungere anche ciascuno di noi.

Benedetto spavento!

Come ci raggiunge? Facendo cadere le nostre sicurezze e ponendoci davanti al Mistero della presenza viva di Dio. La presenza del Dio vivente può far paura, perché risveglia in noi quella stessa paura di trovarsi di fronte a Dio che ebbero Adamo ed Eva dopo il peccato, con il conseguente bisogno di nascondersi da Dio.

Ma le donne sentono in loro mutare questi sentimenti di paura in una nuova realtà. Perché il Risorto, incontra loro e noi proprio nella paura, la attraversa e invita ad avere fiducia, a ritrovare il coraggio della fiducia.

Probabilmente le donne se ne vanno dal sepolcro piene di timore e di stupore ma iniziando ad avvertire dentro di loro gli stessi sentimenti di Mosè quando incontrò Dio in un roveto ardente che non si spegneva: timore sì, ma unito a stupore.

Verrebbe da dire, guardando a quelle donne e alla nostra vita: Benedetto spavento! Quello stesso spavento possa raggiungere anche noi con sentimenti misti di timore e di stupore. Sono gli stessi sentimenti che provarono Pietro, Giacomo e Giovanni quando Gesù si trasfigurò davanti a loro, anticipando proprio l’esperienza delle donne il giorno di pasqua.

È lo spavento di una relazione imprevedibile, ma reale: vissuta all’interno delle vicende umane, senza esserne soffocata.

È la relazione con il Signore Gesù risorto dalla morte che unisce definitivamente la nostra umanità con l’umanità risorta – la Sua – senza più separazione tra il cielo e la terra.

Quello spavento è capace di sgretolare tutte le pietre che ci portiamo dentro. Ci rende liberi di amare, riconciliati con noi stessi e con Dio. Quello spavento brucia l’odio che si annida dentro il cuore e dona la forza del perdono che crea relazioni nuove di fraternità.

La vita nascosta con Cristo in Dio

Le donne vivono l’inizio della vita da risorte. Partecipano della risurrezione di Gesù. E custodiscono nel silenzio questo sconvolgimento della loro esistenza; nel silenzio quasi ammutolite dal Mistero, ma è l’inizio di in una vita nuova nascosta con Cristo in Dio. Cercheranno le cose di lassù non per estraniarsi dal mondo. Al contrario, per vivere nel mondo con Cristo e come ha vissuto Cristo.

La vita dei cristiani è una vita di risorti: unita al Padre nella preghiera, una vita generosa, con spirito di servizio, attenta alle necessità del prossimo specialmente dei più poveri.

Accogliamo il cammino di quelle donne, i sentimenti che hanno provato, perché anche noi veniamo accompagnati a passare dalla paura alla fiducia nel Signore risorto che la rinnova!

Maria, che ha saputo accogliere la presenza di Cristo fin dall’Annunciazione, in questo giorno di Pasqua ci è accanto e desidera che tutti possiamo rallegrarci della presenza viva di suo Figlio risorto, entrare per un po’ in questa esperienza del suo Figlio risorto, pienezza del cuore e della vita degli uomini. Questa sia anche la nostra Pasqua!

† vescovo Giuliano