OMELIA nella solennità dell’ASCENSIONE DEL SIGNORE accogliendo gli Alpini in occasione della 95ma Adunata Nazionale Cattedrale, 11 maggio 2024

OMELIA nella solennità dell’ASCENSIONE DEL SIGNORE

accogliendo gli Alpini in occasione della 95ma Adunata Nazionale

Cattedrale, 11 maggio 2024

 

Letture: At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

All’inizio della celebrazione

Un cordiale saluto a tutte le autorità presenti e il benvenuto a tutti gli alpini, uomini e donne, da parte della Chiesa di Vicenza.

Nelle giornate della 95ma Adunata nazionale in terra berica, anche le chiese, le case di religiosi e religiose, le comunità parrocchiali hanno aperto le braccia per accogliervi e per condividere con voi la festa. Siate benvenuti anche in Cattedrale per celebrare la festa dell’Ascensione del Signore.

In un tempo tanto fragile come il nostro, voi avete scelto un motto che caratterizza il vostro impegno: “Il sogno di Pace degli Alpini”. Vi siamo grati per questo messaggio che sta al cuore anche della rivelazione cristiana. Le prime parole che il Signore risorto rivolge ai suoi discepoli sono proprio queste: “Pace a voi”.

Iniziamo la nostra preghiera con un gesto di umiltà. Chiediamo perdono al Signore per tutte le volte che siamo stati motivo di divisione, increduli che Dio possa realmente donare pace a noi e al mondo.

All’omelia

Abbiamo pregato con il salmo 46: Ascende Dio tra le acclamazioni, cantate inni a Dio, perché Dio è re di tutta la terra. E noi abbiamo risposto: Ascende il Signore tra canti di gioia. Perché nel giorno dell’ascensione del Signore siamo invitati a cantare insieme nella gioia?

Quando noi non vediamo più una persona che ci sta a cuore o a causa della morte o perché si allontana da noi per i più svariati motivi, noi non siamo per nulla contenti. Ci dispiace. Siamo raggiunti dalla tristezza e dal dolore. E cerchiamo in tutti i modi di custodirne la memoria. I Sacrari militari presenti nel nostro territorio ne sono una testimonianza: quello di Asiago che accoglie i resti di 60.000 soldati di cui 33.000 ignoti; quello di Cima Grappa con i resti di altri 22.800 caduti in guerra; il Sacrario di Monte Pasubio luogo della memoria di 4.958 soldati e quello del Monte Cimone con i resti di altri 1210 caduti in battaglia. Di molti defunti non si conosce il nome eppure tutti hanno un volto e per ciascuno c’è stato chi ha versato lacrime: mamme, mogli, sorelle, amici. Quanta sofferenza! Questi luoghi li chiamiamo santuari perché frequentandoli ci avviciniamo in punta di piedi al “mistero della dignità” di ogni persona caduta e nello stesso tempo ci fa riflettere un altro “mistero” quello “dell’iniquità” della guerra che li ha condotti alla morte.

Ciò che avviene nell’Ascensione del Signore ha qualche cosa di estremamente diverso dalla scomparsa di una persona cara. Non si comprenderebbe la gioia dei discepoli che avevano sofferto per la tragedia della morte di Gesù in croce. Il motivo di quella gioia lo si può intuire dal racconto del Vangelo di Marco. Sono le ultime righe del suo Vangelo.

In esse si scopre che Gesù invia i suoi discepoli in tutto il mondo a proclamare la bella e buona notizia della presenza del regno di Dio. E i discepoli che erano del tutto increduli alla risurrezione di Gesù dalla morte, vivono un cambiamento radicale passando dall’incredulità alla fiducia. Scoprono, infatti, che Gesù risorto una volta asceso al cielo non sarà assente dalla loro vita. Scompare dalla loro vista ma non dalla loro vita. Infatti ci spiega l’evangelista Marco che partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Non sono da soli quando annunciano il Vangelo e portano guarigione nelle situazioni segnate dal male; con loro c’è il Signore: agiscono insieme.

Quali sono le loro azioni? Proviamo a descriverle con le parole del Santo di Assisi, patrono d’Italia: dove è il veleno dell’odio i discepoli portano Amore; dove è il peso dell’offesa portano il Perdono; dov’è il demone della discordia portano l’Unione; dov’è il serpente del dubbio portano la Fiducia; dove è il compromesso dell’errore, portano la Verità; dove è la fossa della disperazione portano la Speranza; dove è la noia della tristezza portano la Gioia; dove sono le tenebre portano la Luce.

Con i suoi discepoli, il Signore risorto, continua ad essere presente nel mondo in un modo nuovo ed è ben all’opera. Non sono più soli come dovessero affrontare dei mostri impossibili da vincere. Lui ha già vinto la divisione tra Dio e gli uomini e degli uomini tra di loro. Ha vinto anche l’ultimo nemico dell’uomo di tutti i tempi che è la morte. Perciò i discepoli sono nella gioia e con grande coraggio vanno in ogni parte del mondo con una forza interiore straordinaria.

Questa profonda convinzione spinge l’apostolo Paolo ad avvertire quanti sono nella comunità a comportarsi in maniera degna della chiamata che hanno ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandosi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Riscopriamo ogni giorno questa chiamata del Signore ad essere uniti, ad essere umili accogliendoci gli uni gli altri con pazienza anche sopportando personalità e caratteri differenti, imparando ogni giorno ad essere artigiani di pace tra di noi a favore di tutto il mondo.

Il sogno di pace degli Alpini. Sognare non significa estraniarsi dal mondo bensì portare nel cuore desideri capaci di trasformare la realtà da conflittuale a riconciliata. Così potrà crescere la pace tra i popoli per ottenere la quale non si dovrebbe sopprimere alcuna vita umana. Questo è quanto mai urgente e sarà ancor più possibile se avvertiamo da credenti che il Signore della vita opera con noi. E il sogno di Alpini credenti sarà contagioso tra voi e verso le nuove generazioni. Solo se il sogno di pace animerà l’intera realtà civile la pace sarà duratura e sradicherà ogni forma di guerra, di violenza, di commercio delle armi e di distruzione del Creato.

Voi vi siete impegnati con un grande progetto a trasformare i “sentieri di guerra” in “cammini di pace” con l’Alta Via della Grande Guerra. Calpestandola, immersi nella bellezza della natura, viene ravvivata la memoria della ferita della Grande Guerra per imparare nuovi sentieri di pace. La violenza inferta dalla guerra su una folla sterminata di persone noi la possiamo trasformare in nuova umanità, riconciliata e finalmente pacificata – a immagine delle piaghe gloriose nel corpo risorto di Cristo.

 

† vescovo Giuliano